i risuonatori
Escludendo la cavità laringea, sede del suono primario, le cavità di risonanza (i risuonatori) sono:
• la faringe, che insieme alla lingua, permette con i suoi “movimenti adattivi” la costituzione dei suoni vocalici
• le cavità ossee poste nel cranio, che, ospitando i suoni portati dal fiato, fungono da moltiplicatori degli armonici. L’effetto è quello di amplificare la sostanza timbrica della voce, esaltandone il colore naturale.
• la trachea che, con la sua cartilaginea cavità “tubolare” rivestita di mucosa, ospita e produce un altro tipo di risonanze: quelle che volgono al basso, quelle cioè che danno vita ai caldi e densi armonici tipici delle voci di registro medio-basso.
Molto importante è anche la postura assunta durante il coinvolgimento psico-motorio dell’atto cantato: facendo arretrare la posizione del foro occipitale sino a raggiungere una sorta di “asse unica” con la colonna vertebrale, la laringe poggerà a ridosso di questa, facendola vibrare durante la fonazione per simpatia: si produce così quella che Alfred Tomatis ama definire (nel suo famoso libro “L’orecchio e la voce”) la “risonanza ossea”.
Una attenzione alla verticalizzazione dell’asse corporeo è dunque fondamentale, poichè ci permette di conseguire al meglio tutte quelle particolari sensazioni (propriocettive), che sono fondamentali per il riconoscimento e controllo del proprio operato vocale.
Quindi, durante l’atto cantato è bene “pensarsi”, o immaginarsi, sempre nella schiena, perché è qui che l’energia diventa tutt’uno con l’azione.
• la faringe, che insieme alla lingua, permette con i suoi “movimenti adattivi” la costituzione dei suoni vocalici
• le cavità ossee poste nel cranio, che, ospitando i suoni portati dal fiato, fungono da moltiplicatori degli armonici. L’effetto è quello di amplificare la sostanza timbrica della voce, esaltandone il colore naturale.
• la trachea che, con la sua cartilaginea cavità “tubolare” rivestita di mucosa, ospita e produce un altro tipo di risonanze: quelle che volgono al basso, quelle cioè che danno vita ai caldi e densi armonici tipici delle voci di registro medio-basso.
Molto importante è anche la postura assunta durante il coinvolgimento psico-motorio dell’atto cantato: facendo arretrare la posizione del foro occipitale sino a raggiungere una sorta di “asse unica” con la colonna vertebrale, la laringe poggerà a ridosso di questa, facendola vibrare durante la fonazione per simpatia: si produce così quella che Alfred Tomatis ama definire (nel suo famoso libro “L’orecchio e la voce”) la “risonanza ossea”.
Una attenzione alla verticalizzazione dell’asse corporeo è dunque fondamentale, poichè ci permette di conseguire al meglio tutte quelle particolari sensazioni (propriocettive), che sono fondamentali per il riconoscimento e controllo del proprio operato vocale.
Quindi, durante l’atto cantato è bene “pensarsi”, o immaginarsi, sempre nella schiena, perché è qui che l’energia diventa tutt’uno con l’azione.