il passaggio di registro
Abbiamo due passaggi di registro per ogni registro vocale: fra la zona dei bassi e quella dei medi e fra la zona dei medi e quella degli acuti. Solo la voce di tenore tende spesso a costruire un solo passaggio, tra la zona delle note medio-basse e gli acuti. Il discorso cambia per il tenore drammatico, il quale conserva, al pari delle altre voci, entrambe i passaggi. Va detto inoltre che l’accesso a quella zona della voce che si trova oltre il Do 4 (Do 3 per i tenori), rende al cantante la sensazione di trovarsi davanti ad un altro passaggio (zona sovracuta).
La questione del “passaggio” di registro è stata, nell'ambito del canto lirico, sempre abbastanza spinosa. C'è chi dice infatti, che il passaggio non esiste, altri che lo ignorano e infine alcuni che ne ammettono l’esistenza ma negano la possibilità, da parte del cantante, di una sua gestione consapevole.
In un certo senso hanno tutti ragione. Il fatto è che il passaggio di registro è condizionato dall'azione del fiato e siccome questo dev'essere più naturale possibile (nel senso che “la volontà non deve mai interferire con il suo normale funzionamento” – Alfredo Morelli), di conseguenza viene da pensare che anche il cosiddetto passaggio, che dal fiato dipende, sia vissuto allo stesso modo, cioè, senza un intervento diretto della volontà.
Lo sviluppo coordinato dell’azione del fiato, che si amplifica solo con uno studio graduale, produce una “sensibilità propriocettiva” (Alfred Tomatis), che è in grado di regolare la pressione aerea e quindi i relativi passaggi di registro che, come abbiamo detto, da questa dipendono.
Il “passaggio” è sempre relativo a un processo di coinvolgimento delle aree (o zone) di risonanza, le quali sono provviste di tre qualità di “eco”: toraciche (o di petto), bucco-nasali (o facciali), e cervicali (o di testa).
Alcuni cantanti, col variare della tessitura, avvertono con grande facilità la sensazione rilasciata dal passaggio della voce da un registro all’altro, altri invece cantano senza avvertirne la presenza.
Tanto per chiarire: la moderna foniatria ha provato l’esistenza di un “passaggio” della voce in una certa zona della tessitura. Quindi, la questione vera è se esista o meno una consapevolezza da parte del cantante e se poi questi sia in grado di gestirla tecnicamente, condizionandone l’operato.
Per noi ciò che conta è, prima di tutto, l'appoggio sul fiato, visto che è questo a determinare il corretto funzionamento della “pressione” aerea. A seconda di ciò che la tessitura richiede, il fiato andrà ad adagiarsi nelle opportune cavità, plasmandosi sulla morfologia presente in ogni cantante.
Il giusto appoggio sul fiato, dunque, ci permette di avvertire quel “gruppo” di note che si trova all'interno di una zona di risonanza (cavità), rendendoci chiara la sensazione di dove sono e quale natura rivelano, molto più di quanto possa fare l’idea (concetto) di passaggio.
In sostanza: il cantante non dovrebbe cercare il passaggio pensando di poterlo così amministrare come un meccanismo d’accesso alle note superiori, ma abbracciare semplicemente (e non è cosa da poco) la sensazione di un ambiente “risonante” (cavità), reso in primis dalle sensazioni propriocettive. Ciò gli permetterà di agire su una sostanza prima ancora che su un concetto, rendendo l’intendimento del “passaggio” organico, anziché dialettico.
La questione del “passaggio” di registro è stata, nell'ambito del canto lirico, sempre abbastanza spinosa. C'è chi dice infatti, che il passaggio non esiste, altri che lo ignorano e infine alcuni che ne ammettono l’esistenza ma negano la possibilità, da parte del cantante, di una sua gestione consapevole.
In un certo senso hanno tutti ragione. Il fatto è che il passaggio di registro è condizionato dall'azione del fiato e siccome questo dev'essere più naturale possibile (nel senso che “la volontà non deve mai interferire con il suo normale funzionamento” – Alfredo Morelli), di conseguenza viene da pensare che anche il cosiddetto passaggio, che dal fiato dipende, sia vissuto allo stesso modo, cioè, senza un intervento diretto della volontà.
Lo sviluppo coordinato dell’azione del fiato, che si amplifica solo con uno studio graduale, produce una “sensibilità propriocettiva” (Alfred Tomatis), che è in grado di regolare la pressione aerea e quindi i relativi passaggi di registro che, come abbiamo detto, da questa dipendono.
Il “passaggio” è sempre relativo a un processo di coinvolgimento delle aree (o zone) di risonanza, le quali sono provviste di tre qualità di “eco”: toraciche (o di petto), bucco-nasali (o facciali), e cervicali (o di testa).
Alcuni cantanti, col variare della tessitura, avvertono con grande facilità la sensazione rilasciata dal passaggio della voce da un registro all’altro, altri invece cantano senza avvertirne la presenza.
Tanto per chiarire: la moderna foniatria ha provato l’esistenza di un “passaggio” della voce in una certa zona della tessitura. Quindi, la questione vera è se esista o meno una consapevolezza da parte del cantante e se poi questi sia in grado di gestirla tecnicamente, condizionandone l’operato.
Per noi ciò che conta è, prima di tutto, l'appoggio sul fiato, visto che è questo a determinare il corretto funzionamento della “pressione” aerea. A seconda di ciò che la tessitura richiede, il fiato andrà ad adagiarsi nelle opportune cavità, plasmandosi sulla morfologia presente in ogni cantante.
Il giusto appoggio sul fiato, dunque, ci permette di avvertire quel “gruppo” di note che si trova all'interno di una zona di risonanza (cavità), rendendoci chiara la sensazione di dove sono e quale natura rivelano, molto più di quanto possa fare l’idea (concetto) di passaggio.
In sostanza: il cantante non dovrebbe cercare il passaggio pensando di poterlo così amministrare come un meccanismo d’accesso alle note superiori, ma abbracciare semplicemente (e non è cosa da poco) la sensazione di un ambiente “risonante” (cavità), reso in primis dalle sensazioni propriocettive. Ciò gli permetterà di agire su una sostanza prima ancora che su un concetto, rendendo l’intendimento del “passaggio” organico, anziché dialettico.
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